Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è finalizzata alla concessione di provvidenze in favore di imprese agricole che versano in condizioni di difficoltà. Tali sostegni, in conformità ai vincoli imposti dall'Unione europea in materia di concessione di aiuti di Stato, sono diretti sia a favorire la ripresa produttiva di imprese agricole in crisi temporanea, sia al salvataggio e alla ristrutturazione di aziende agricole in condizioni di recessione, ma che hanno possibilità di rientrare in competizione riconvertendo i propri indirizzi produttivi verso nuovi settori in espansione.
      L'agricoltura italiana è in evidente stato di crisi. I rapporti ufficiali che annualmente descrivono le prestazioni del nostro settore primario indicano che le imprese agricole hanno crescenti problemi di competitività, conseguono sempre minore reddito, diminuisce la loro produttività nei comparti strategici, hanno difficoltà commerciali per le colture di base, non riescono ad adeguarsi con efficacia ai cambiamenti, di regola a carattere strutturale, che le politiche mondiali e le strategie europee dispongono al fine di incrementare il livello della concorrenza e la quantità degli scambi tra gli Stati. Trattasi, in particolare, delle liberalizzazioni imposte dagli accordi in sede di Organizzazione mondiale del commercio (OMC/WTO) e dagli obiettivi di multifunzionalità rurale decisi nell'ambito della Politica agricola comune (PAC).
      Le problematiche che incidono sulle aziende agricole italiane hanno anche origine di natura prettamente nazionale. Con la riforma della PAC per gli anni 2000-2004, nota come «Agenda 2000», è sovente accaduto che alle scelte di cambiamento decise e accettate in sede europea non abbia fatto seguito un pari adeguamento degli indirizzi di sviluppo rurale delle regioni e dello Stato. Oggi gli agricoltori italiani quasi subiscono, e non governano, i provvedimenti adottati dalla Commissione europea su richiesta del Consiglio. Essi si trovano al centro di un sistema produttivo in cui interagiscono azioni confliggenti: mentre da un lato gli agricoltori sono spinti a privilegiare le produzioni storiche e a forte legame con le caratteristiche culturali e geografiche del Paese, tra cui le produzioni cerealicole, vitivinicole e olearie di ambito mediterraneo del centro sud, o quelle foraggiere, zootecniche, lattiero-casearie e agroindustriali del nord, dall'altro lato ricevono limitazioni o addirittura eliminazioni settoriali di fronte a cui non possono opporre alcuna resistenza o adottare rimedi confacenti.
      Tra le questioni riferibili alle contraddizioni di cui trattasi, possiamo certamente citare la vicenda dello zucchero, con il ridimensionamento inferto al settore bieticolo-saccarifero, la questione dello scarso quantitativo nazionale di latte che l'Italia può commercializzare, la liberalizzazione preferenziale dei mercati ortofrutticoli verso l'importazione degli ortaggi e della frutta da Paesi extraeuropei con indirizzi produttivi uguali ai nostri, ma con costi di produzione enormemente più bassi, e da ultimo l'abbassamento delle tutele a livello internazionale dei nomi geografici che designano le nostre produzioni alimentari di pregio.
      Ma i problemi delle nostre aziende agricole hanno anche cause di natura contingente e di regola non prevedibile. Facciamo riferimento alle calamità naturali, alle emergenze sanitarie e alle eccedenze produttive.
      Nelle regioni del sud, in particolare, negli ultimi dieci anni, ma segnatamente nell'ultimo quinquennio, le avversità climatiche hanno pesantemente compromesso il regolare svolgimento delle campagne agrarie.
      Inverni eccezionalmente rigidi o piovosi ed estati spesso siccitose hanno fatto sì che i raccolti delle produzioni da reddito delle aziende non siano riusciti a garantire i ricavi allo scopo necessari.
      Le crisi economiche dei mercati finanziari internazionali e lo smantellamento delle maggiori industrie alimentari nazionali sono state le cause delle difficoltà commerciali dei prodotti ortofrutticoli e zootecnici di tutte le aziende italiane. Soprattutto negli ultimi tre anni, le vendite di tali derrate da parte degli agricoltori sono state travagliate e ad ogni modo inadatte a coprire gli oneri della relativa produzione.
      Le emergenze sanitarie degli anni che vanno dal 2001 ad oggi, in particolare la BSE, la «lingua blu» e l'influenza aviaria, hanno costretto alla chiusura numerose aziende zootecniche e molte altre sono entrate in regime di crisi strutturale, tanto da far ritenere difficile la loro piena ed efficiente ripresa nel breve e medio periodo.
      All'interno di questo quadro di complesse vicende economiche e produttive operano un numero assai elevato di aziende agricole del Paese. Queste, per fronteggiare le eccezionali situazioni di difficoltà che le hanno colpite, sono ricorse al credito bancario e, con il perdurare delle crisi, si sono indebitate secondo percorsi che non consentono il rientro. Secondo quella che ormai è divenuta una prassi che non conosce eccezioni, hanno dovuto sospendere i pagamenti degli oneri fiscali, segnatamente le spese previdenziali ed assistenziali e, in casi prima rari, oggi meno, hanno iniziato a dismettere le attività e a cedere le strutture.
      Riteniamo che sia necessario dare un segnale di inversione alla curva discendente che hanno intrapreso le nostre aziende agricole e, come primo atto, proponiamo di attivare un sistema di aiuti che le possa sostenere e, nei casi più gravi, salvare. Con il presente provvedimento intendiamo promuovere un sistema di soccorsi economici con cui gli agricoltori potranno fermare le emorragie finanziarie che gravano sulle loro aziende e conseguentemente riprendere una nuova via di sviluppo e di crescita competitiva.